Orgogliosi e consapevoli della nostra unicità, del patrimonio di biodiversità unico al mondo che fa dell’Italia la patria della dieta mediterranea e il primo paese europeo per prodotti di qualità Dop e Igp, ci muoviamo nel solco degli obiettivi sostenibili 2030 delle Nazioni unite e dell’accordo di Parigi.
Tutelando ancora il reddito degli agricoltori, dei pescatori, dei produttori a partire dalla formazione dei prezzi e sull’equa distribuzione del valore nelle filiere, per garantire la dignità di chi produce e favorire la qualità nel lavoro agricolo. Incentivando la qualità, la multifunzionalità e una migliore organizzazione dei produttori, attraverso accordi di filiera, reti e distretti, soprattutto più lavoro. E più qualità del lavoro.
Scegliendo la massima informazione al consumatore con l’origine trasparente su tutti i prodotti agroalimentari. Puntando sul ricambio generazionale, sui giovani, attraverso il potenziamento di strumenti concreti come i mutui a tasso zero e una corsia preferenziale per riportare all’agricoltura terre pubbliche. Proseguendo con determinazione sulla strada della semplificazione e della lotta alla burocrazia. Il nostro è anche un paese trasformatore con una grande industria agroalimentare, che ha bisogno di un’agricoltura più moderna e competitiva: tra settore primario e industria alimentare occorre uscire da logiche di contrapposizione per sviluppare filiere integrate e collaborative, capaci di dare maggiore garanzia su qualità dei prodotti, migliore accesso ai mercati di sbocco, maggiore tracciabilità al sevizio della sicurezza alimentare e forte trasparenza nella formazione dei prezzi.
L’Italia è un Paese rispettato nel mondo: nelle relazioni internazionali, politiche, industriali e commerciali, nella cooperazione con i Paesi più poveri, nella costruzione della pace e nella difesa dei diritti dei popoli.
La cooperazione ambientale internazionale non cresce nell’attesa degli impegni altrui, ma con decise scelte, anche unilaterali, che cambiano la prospettiva e incoraggiano al cambiamento, in uno scenario di imitazione virtuosa.
L’Europa oggi è chiamata ad assumere la leadership di questi cambiamenti di paradigma. Solo una forza politica aperta ai valori del multilateralismo e della cooperazione può quindi essere in grado di portare avanti anche in Italia una vera agenda per la transizione ecologica.
Dobbiamo investire con decisione sulla vocazione mediterranea dell’Europa, quale chiave di una nuova centralità del nostro Paese nel progetto europeo.
Trasformare il Sud in un hub naturale dell’Europa e dell’Italia sul Mediterraneo è anche la principale opportunità per colmare le profonde disuguaglianze territoriali che ancora attraversano l’Italia e l’Ue. A tal fi ne, riteniamo che ai 5 obiettivi strategici del documento di indirizzo per le politiche di coesione 2021-2027 – Europa più intelligente, Europa più verde, Europa più connessa, Europa più sociale, Europa più vicina – debba essere aggiunto un sesto asse: l’Europa mediterranea. In questo quadro, come ripetutamente richiesto dalle ONG/OSC, proponiamo di incrementare le spese per la cooperazione allo sviluppo fi no allo 0,7% del PIL.
Favorire i progetti con il più elevato grado di sostenibilità ambientale in grado di assicurare:
Occorre comprendere la necessità di governance della transizione, l’Europa ha lanciato una sfida al mondo sugli obiettivi climatici, la strada è segnata e bisogna percorrerla ed evitare gli ostacoli lungo il percorso. Primo fra tutti non disgiungere mai transizione ecologica, crescita economica giusta e inclusiva e nuove opportunità di occupazione, attraverso un’idea diversa di politica industriale, basata su pragmatismo produttivo e riformismo sostenibile”.
“Il Green deal è la risposta ai cambiamenti climatici e insieme l’occasione per ricostruire su basi nuove la nostra capacità economica e industriale. Servono regole che rendano le transizioni socialmente sostenibili, individuando anche nuovi diritti e nuove garanzie, coerentemente col modello economico europeo attento alla coesione sociale e ai diritti del lavoro”.
“Le scelte europee andranno fatte per sviluppare nuovi partenariati di cooperazione allo sviluppo, cominciando dall’Africa, dove il trasferimento tecnologico in ambito energetico e in chiave ecosostenibile può riguardare centinaia di milioni di persone che oggi non hanno accesso alle fonti energetiche tradizionali”.
“Grandi imprese e pmi sono già orientate verso soluzioni verdi. Ma in questo sforzo epocale è l’intera società che deve attivarsi e le istituzioni europee per prime”.
AZIONI CONTRO IL CARO ENERGIA
Controllo dei prezzi dell’energia elettrica, con l’introduzione in via transitoria per 12 mesi di un regime di prezzi amministrati per l’energia elettrica attraverso la fissazione di un tetto nazionale al prezzo dell’elettricità (100 euro/Mwh) per imprese e utenze domestiche. Un nuovo contratto “luce sociale” per microimprese e famiglie con redditi medi e bassi con fornitura elettrica prodotta totalmente da fonti rinnovabili e gratuita fi no ad un massimo di 1.350 KWh/anno per famiglia (pari al 50% del consumo medio), con prezzi comunque calmierati sulla parte eccedente.
Raddoppio del credito d’imposta per compensare per gli extra-costi delle imprese per gas e elettricità a partire dal mese di giugno di quest’anno (dal 25 al 50 per cento per le imprese energivore e gasivore; dal 15 al 30 per cento per le altre imprese), da finanziare con la proroga e l’estensione ad altri settori del contributo straordinario sugli extra profitti delle imprese energetiche. Un grande piano nazionale di risparmio energetico, incentivando degli investimenti delle imprese in efficienza energetica, e investimenti su produzione di energia da fonti rinnovabili nel quadro dell’accelerazione alla transizione ecologica che abbiamo messo come punto centrale del nostro programma.
Pressione a livello UE per l’introduzione di un tetto europeo al prezzo del gas